Cari amici, ben trovati. Mi scuso in anticipo per la lunghezza! Personalmente non credo che sia sufficiente prendere posizione, ma è necessario che essa sia supportata da una riflessione consapevole e da motivazioni chiare. Vi comunico le mie relativamente ai miei SI ai Referendum del 12 e 13 giugno.
Ritengo opportuno fare una premessa. La mia posizione favorevole all’abrogazione delle norme oggetto di Referendum non significa nel modo più assoluto che mi piaccia la situazione precedente.
Non credo si possa essere conservatori di una situazione che, è il caso di dire, “fa acqua da tutte le parti”. E mi riferisco sia al discorso della gestione dei Servizi Pubblici Locali (dei quali il servizio idrico è solo una parte), sia alla questione energetica.
I Servizi Pubblici Locali sono stati spesso oggetto di tentativi di riforma nel senso di una maggiore liberalizzazione. Nel tempo, infatti, a partire dalle “municipalizzate” fino alle società di stampo privatistico ma di proprietà pubblica, qualità, efficienza ed efficacia del servizio offerto alla collettività sono state in molti casi soppiantate da performance ampiamente negative (sulla questione delle società partecipate potete leggere un articolo da me scritto un po’ di tempo fa cliccando qui). Dato il quadro, l’UE ha invitato negli anni i nostri Governi ad operare opportune politiche di “liberalizzazione” nel settore. Già negli anni Novanta sono state approvate leggi importanti in questo senso. Ultimamente anche il ministro Lanzillotta (Governo Prodi) aveva proposto un disegno di legge che avrebbe limitato fortemente l’intervento pubblico nella gestione dei Servizi Pubblici Locali.
Qui subentra una delle grandi questioni del management pubblico, della concezione dell’economia pubblica: come organizzare la migliore risposta a bisogni pubblici. Mediante beni e servizi pubblici gestiti dal pubblico? Mediante beni privati ma con finalità pubbliche? Oppure mediante beni pubblici ma gestiti dal privato? Vi sono diversità di punti di vista. Tenendo saldo l’obiettivo di migliorare la qualità del servizio e l’equità della sua fruizione, nonché delle tariffe, io credo che la via migliore sia una “giusta” liberalizzazione. Ciò significa permettere agli enti locali di scegliere quale sia la via migliore, in base a determinati parametri, per l’organizzazione della risposta ai bisogni pubblici. Libertà di scelta, quindi. Ad esempio, se un Comune è virtuoso e ritiene di poter organizzare una risposta di tipo “pubblico” a un bisogno pubblico, lo deve poter fare. Così, se la via migliore è affidare in appalto ad operatori privati la gestione di un servizio, lo deve poter fare. E in parte i provvedimenti susseguitisi nel tempo, comprese parti delle norme oggetto di referendum al quesito N. 1, sono andati in questa direzione.
Fatta questa lunga premessa, occorre precisare dunque che il quesito N.1 si riferisce a leggi che riguardano tanti Servizi Pubblici Locali dei quali il servizio idrico è parte. Però, poiché l’obiettivo è cancellare questi provvedimenti con esclusivo riferimento all’acqua, al servizio idrico, si deve passare obbligatoriamente dall’abrogazione dell’intero impianto legislativo, per poi far tornare il Parlamento a legiferare sulla materia (escludendo il servizio idrico) relativamente a tutti gli altri Servizi Pubblici Locali nella direzione di una giusta liberalizzazione.
A mio avviso, il SI al quesito N.1 è giusto in quanto tutto ciò che ho scritto sopra non può essere riferito all’acqua. Ritengo l’acqua l’unico bene pubblico la cui gestione dovrà restare per sempre di esclusiva prerogativa del pubblico. Tuttavia la situazione attuale non è confortante. Le reti idriche perdono, nel percorso che va dalla fonte ai nostri rubinetti, mediamente più del 50% dell’acqua che trasportano. Credo, però, che il pubblico sia l’unico soggetto che possa effettuare i dovuti investimenti (che vanno effettuati con urgenza) senza caricarne l’onere, in modo eccessivo e poco equo, sulle tariffe pagate dagli utenti. Solo il pubblico può, con una buona gestione, tenere effettivamente sotto controllo il livello tariffario. Tutto questo non giustifica, però, la gestione scriteriata e disastrosa a cui spesso abbiamo assistito e non solleva gli enti dalla necessità di investire per migliorare questo servizio di primaria importanza.
Il SI al quesito N.2 è direttamente conseguente al primo. Il Parlamento dovrà escludere l’acqua dall’obbligo di una percentuale minima di remunerazione del capitale investito dal privato mediante tariffe. In realtà, laddove si consente l’ingresso del privato nella gestione di un servizio, la remunerazione del capitale investito è una naturale conseguenza. Non si può impedire a un imprenditore di conseguire remunerazione rispetto ai propri investimenti. Perciò, questo principio cade in quanto cade la questione relativa al quesito N.1.
Sul nucleare, poco da dire… Nel momento in cui Paesi come la Germania e la Svizzera, che da decenni scommettono sul nucleare, decidono di avviare il processo di smantellamento delle attuali centrali, sembra davvero fuori da ogni logica puntare su una tecnologia che, oltre a non risolvere minimamente il problema energetico, risulta vecchia (soprattutto in termini di produzione di scorie radioattive, che dovranno essere stoccate per sempre in qualche luogo del nostro territorio) e potenzialmente catastrofica. Il SI al quesito N.3 è un NO netto a questo nucleare, ma anche qui non per fare i conservatori di una situazione che, comunque, necessita di interventi decisivi. Un piano nazionale sull’energia dovrà giustamente prevedere un congruo mix delle varie fonti (sempre meno fossili). Credo che vada previsto uno sviluppo dell’energia da fonti rinnovabili (uffici pubblici, ospedali, scuole, università, impianti sportivi, abitazioni private), tenendo conto di un maggior rispetto per il territorio. In più si dovrebbe puntare in questo momento sulla ricerca per un nucleare diverso (penso alla “fusione”, ai filoni di ricerca del Nobel Prof. Carlo Rubbia, che è dovuto scappare in Spagna per proseguire il suo lavoro!), che possa anche eliminare il problema dei problemi: le scorie (si parla di una possibilità di bruciare le scorie all’interno dello stesso processo).
Infine, le motivazioni legate al SI al quesito N. 4 sul “legittimo impedimento”. Questa legge (sulla quale è già intervenuta la Corte Costituzionale), in realtà, cesserà presto di produrre effetti. Nonostante ciò, è a mio avviso importante far comprendere come in nessun caso si possa agire per costruire leggi ad personam, soprattutto in materia di giustizia. Questa circostanza si è resa ancora più evidente quando è stata prevista l’estensione della protezione ai Ministri. Poi si può avviare una discussione serena su alcuni punti, ma sgomberando il campo dal dubbio che si tratti di provvedimenti costruiti per casi specifici. Buon voto!!!