La manovra-Tremonti

<<Dalle motivazioni alle principali misure adottate per il triennio 2011-2013>>.

[Articolo pubblicato su “Il Salentino” del 15/06/2010]

La “manovra di finanza pubblica” 2011-2013 è il tema più ricorrente, in queste settimane, negli spazi di informazione.
Il Governo, infatti, accanto a classici provvedimenti di una manovra finanziaria, ha messo a punto una serie di misure di politica fiscale ed economica per intervenire nella situazione di crisi internazionale che ha investito in particolare l’area-euro a partire dal default della Grecia.

In seguito alla crisi greca il nostro Paese era considerato, insieme a Irlanda, Portogallo e Spagna, ad alto rischio (anche se c’è da dire che, rispetto agli altri tre Paesi, il nostro presenta una situazione complessiva, di sistema, decisamente migliore, dimostrata dal contenuto sforamento del rapporto Deficit/Pil). I mercati avrebbero potuto “aggredire” l’Italia anche con l’avanzata della speculazione. Infatti, l’impennata dei cosiddetti credit default swap (che sono scommesse sul fallimento, sull’insolvenza del debito pubblico) è indice di un attacco da parte dei mercati che, qualora perdurasse nel tempo, abbatterebbe la qualità del credito con gravi conseguenze. Di fatto, siamo in presenza di una nuova “bolla”.

Si è presentata, dunque, ancora una volta, l’urgenza di agire sulla riduzione del debito pubblico. Tuttavia, questa strada si sarebbe dovuta percorrere ugualmente, in ogni caso. Alcune misure si sono rese più urgenti, ma è la condizione strutturale del nostro Paese a richiedere, senza poter più rimandare, tali scelte drastiche.
Tante volte, anche in precedenti interventi su questo giornale, ho sottolineato l’ineludibilità di intervenire su una situazione oramai insostenibile del debito pubblico. Sin dagli anni 80, è un “serpente che si morde la coda”.
Per agire sul debito nell’immediato, è necessario agire sul versante della spesa, in particolare sulla spesa di tipo corrente, poiché negli ultimi anni si è assistito (anche a causa della prima ondata di crisi che ha comportato una riduzione delle entrate fiscali) ad un saldo sempre più negativo da finanziare mediante deficit. Risultato netto: più debito pubblico (ad oggi il rapporto Debito/Pil è sopra il 118%, lontanissimo dall’obiettivo del 60% verso il quale l’Italia, come tutti gli altri Paesi dell’area-euro, deve tendere).
Vi sono studiosi che sono contrari ai tagli di spesa sociale poiché, affermano, produrrebbero arretramenti nella qualità della vita civile (tale filone di studi suggerisce anche l’ipotesi di affidare parte del debito pubblico dei vari Paesi ad un unico governo centrale europeo, unica misura forse in grado di scongiurare realmente il rischio di attacchi speculativi). Tuttavia, in questo spazio mi limito a dire che, in termini concreti, una riduzione del deficit e del debito nell’immediato, nell’attesa e nella speranza di recuperare ingenti entrate dalla lotta all’evasione fiscale, passa senza dubbio da una riduzione della spesa.

Si poteva fare meglio, soprattutto per quanto concerne il sostegno parallelo alla crescita (data l’entità della manovra, circa 25 miliardi di euro). Molti provvedimenti non comportano in realtà grossi risparmi, servirebbe più coraggio sul fronte dei famosi costi della politica per i “piani alti”. In ogni caso nella manovra ci sono delle misure che vanno nella giusta direzione, approvate anche dall’OCSE e dal FMI: in particolare, sul versante della riduzione della spesa e sulla lotta all’evasione fiscale.
Si tratta certamente di misure dolorose, alcune delle quali discutibili; ma rappresentano un solco importante lungo il quale muoversi, un’inversione di tendenza, un cambio “culturale” nella gestione della finanza pubblica in senso più rigoroso. Esse andranno ad impattare col federalismo fiscale. Staremo a vedere.
Intanto, un’importanza notevole viene assunta dalle misure di contrasto all’evasione fiscale. La speranza è che si continui in questa direzione, perché si può fare di più e poiché è da lì che possono arrivare entrate inattese, che nel medio termine possono portare ad un riequilibrio dei conti e ad un nuovo ampliamento della spesa per generare benessere nel sistema socio-economico. Ampliamento che, questa volta, sarebbe mirato e qualificato.
Di seguito, per grandi linee, alcune delle più importanti misure contenute nella manovra:

– Obbligo di comunicazione telematica al Fisco delle operazioni rilevanti ai fini IVA dai 3.000 euro in su. Scende a 5.000 euro la soglia della tracciabilità del contante.
– Sale al 33% la compartecipazione dei Comuni all’accertamento dell’evasione fiscale.
– Nuovo “Redditometro”: l’accertamento scatta quando i redditi dichiarati sono inferiori del 20% rispetto alle indicazioni del “Redditometro”.
– Gli utili e i dividendi realizzati negli anni 2011 e 2012 da Società partecipate dallo Stato e da Istituti di diritto pubblico saranno destinati, fino a un massimo di 500 milioni di euro, ad un apposito Fondo che servirà a pagare gli interessi sul debito pubblico.
– Aumento dell’imposizione fiscale sulle stock option.
– Provvedimenti per evitare i fenomeni delle imprese che aprono e chiudono entro un anno e vigilare sulle imprese in costante situazione di perdita (potrebbe esserci precisa volontà di evasione delle imposte sui redditi).
– Provvedimenti per l’individuazione e la regolarizzazione degli “immobili fantasma”.
– Lotta ai “falsi invalidi” e contrasto all’indebita percezione di prestazioni sociali agevolate (anche quelle relative al diritto allo studio).
– Leggero aumento della soglia per i pensionamenti anticipati.
– Tagli alla spesa della P.A., in particolare per la formazione, riduzione del 10% delle indennità dei manager e consulenti pubblici; tagli ai compensi per consigli d’amministrazione di società ed enti partecipati e revisori. Tagli ai buoni taxi e noleggi auto.
– Aumento dei pedaggi autostradali.
– Soppressi alcuni enti ritenuti inutili. Il personale a tempo indeterminato sarà assorbito da altri enti o ministeri.
– Taglio del 10% delle dotazioni finanziarie dei Ministeri.
– Taglio dei “costi della politica”: meno 10% ai compensi di Ministri e Sottosegretari che non sono anche parlamentari (per questi ultimi si rimanda a futuri provvedimenti delle Camere). Stessa riduzione per i componenti del CSM e del Cnel. Ridotti i rimborsi ai partiti. Soppresse le indennità dei consiglieri circoscrizionali, amministratori di Comunità montane, Unioni dei Comuni ed organismi territoriali gestori di servizi pubblici. I gettoni di presenza non potranno superare i 30 euro a seduta.
– Agevolazioni alle reti d’impresa.

Sicuramente, un principio dovrà essere chiaro alla classe dirigente, attuale e futura. L’Italia dovrà essere un Paese il cui sistema di welfare si basi di più sui sussidi temporanei e sugli ammortizzatori sociali, relativi all’inserimento lavorativo e ai periodi di disoccupazione, e non più sui falsi invalidi e sugli evasori fiscali. La crescita dovrà ripartire dai nuovi settori, ad alto tasso di immaterialità e di innovazione, dalla ricerca. Con il controllo rigoroso sui conti, perché il debito non rappresenti più quella montagna che oggi sembra insormontabile ostacolo alla crescita e alla speranza.

2 Commenti

  1. Sandro

    Caro Carlo,

    circa la figura del DG volevo precisare una cosa. Vi è tuttora disallineamento tra la LEGGE FINANZIARIA 2010 ed il TUEL. Ad oggi di fatto mi sembra sia ancora vigente l’art. 108 del TUEL che prevede la soglia dei 15.000 abitanti quindi di fatto i sindaci potranno nominare un DG in base al TUEL. Essendo il TUEL una legge rafforzata, per essere modificata necessita di un’esplicita abrogazione (v. art. 1 comma 4 del TUEL). A riprova di tale possibilità, cito il Comune di Forlì che ha bandito la selezione per il DG con scadenza per la presentazione delle domande all’11.01.2010, quando la LF 2010 già entrò in vigore.

    a presto
    ciao

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  2. Carlo

    Caro Sandro,
    grazie mille del prezioso contributo!
    Solo per precisare ai visitatori, parlavo delle modifiche (per alcuni ruoli particolari nelle Pubbliche Amministrazioni e anche per il Direttore Generale) nell’articolo precedente.

    Giustamente tu fai riferimento alla Legge Finanziaria 2010, poiché essa ha introdotto l’abolizione della figura del Direttore Generale (art. 2, comma 186 lettera d)). Successivamente, il d.l. n.2 del 25 gennaio 2010 ha modificato tale disposizione generale, specificando la soglia dei 100.000 abitanti.
    Tale decreto è stato convertito in legge il 26 marzo 2010, con legge n.42.
    Di questa legge di conversione parlo, appunto, nell’articolo precedente.

    Forlì è, appunto, un Comune sopra soglia, poiché i suoi abitanti sono (circa) 116.200.

    Un salutone e grazie per i contributi che vorrai ancora dare a questo blog, spero spazio di accrescimento informativo e culturale.

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