Comuni: meno mutui, meno investimenti. Ma il debito pubblico è sempre in crescita. Una rotta da ripensare.

Negli ultimi 10 anni il ricorso ai mutui (finanza tradizionale), da parte dei Comuni per finanziare opere pubbliche, è calato dell’87%. I vincoli di finanza pubblica locale (Patto di stabilità in primis) hanno praticamente impedito, nell’ultimo decennio, il ricorso a nuovo indebitamento.

D’altro canto, l’impiego del Project Finance e, in generale, di forme di Partnership Pubblico-Private, non può essere considerato quale elemento completamente sostitutivo del mutuo nella realizzazione di opere pubbliche ad alto impatto sociale ma a basso impatto economico-finanziario. In ogni caso, tali operazioni non sono state ben predisposte dagli enti locali. Il 75% delle relative gare, infatti, è fallito, per ragioni più volte espresse su questo blog e, comunque, riconducibili sia ad aspetti congiunturali sia ad aspetti di visione intrinseca che ancora permea molti uffici pubblici.

Il risultato del protrarsi di tale situazione si è tradotto in un drastico calo di investimenti pubblici (manutenzioni e nuove realizzazioni), soprattutto negli ambiti dell’edilizia connessa a servizi sociali, patrimonio pubblico, storico e culturale, servizi pubblici di primaria importanza (per es. smaltimento rifiuti, sport, reti).

A fronte di quanto descritto, tuttavia, il debito pubblico complessivo del nostro Paese è continuamente ed ugualmente aumentato! Nonostante i sacrifici imposti a livello locale, dunque, tutti vincoli che hanno, di fatto, depresso l’iniziativa pubblica circa la realizzazione di opere ed investimenti pubblici, il risultato in termini di riduzione del debito pubblico (stock) italiano non è stato raggiunto. Al contempo, la riduzione degli investimenti ha prodotto importanti e negative ricadute sociali (scarsa manutenzione per scuole, asili, ed inerzia rispetto ad esigenze in termini di nuovi servizi) ed economiche (settore dell’edilizia).

Da questa situazione parte, dunque, la considerazione sulla necessità di ripensare le strategie complessive che si declinano fino al livello locale. Il passaggio dal Patto di stabilità al “pareggio” di bilancio, nonché la migliore tempistica circa l’approvazione del documento di previsione, sono certamente dei cambiamenti significativi che, a partire da quest’anno, potrebbero contribuire ad invertire la rotta in merito agli investimenti (che, secondo le stime di queste ore, sono finalmente tornati a crescere e, per il 2016, potrebbero tornare ai livelli del 2012).

Diviene, in ogni caso, essenziale ben impiegare le risorse comunitarie a disposizione per questa Programmazione 2014-2020 (sappiamo come, in passato e con i dovuti distinguo tra le Regioni, l’impiego in Italia dei Fondi UE non sia stato complessivamente eccellente). Inoltre, è fondamentale maggiore visione strategica per programmare e strutturare in maniera più attenta ed efficace gli strumenti di Partnership Pubblico-Privata, nonché per costruire nuove operazioni di finanziamento che derivino dalla prospettiva, sempre più urgente ed opportuna (vedi articoli precedenti), di aggregazione tra enti di piccole dimensioni (il 70% dei Comuni italiani è al di sotto dei 5000 abitanti). Anche in questa direzione ha sempre maggior importanza, quindi, dare l’avvio o il definitivo sostegno a quei percorsi di gestione associata, di rete, di fusione, di area vasta, che costituiscano la base per una forza maggiore che i Comuni, realtà sempre più importanti nel sistema-Paese, potranno indirizzare nella programmazione e realizzazione degli investimenti auspicati dai cittadini.

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