BCC e Gruppi Bancari Cooperativi luoghi di economia civile, tra Riforma e cambiamento

Dopo l’ok del Supervisory board della BCE alla nascita del Gruppo Bancario Cooperativo ICCREA (a stretto giro si attende l’ok anche per il secondo Gruppo, mentre Banca d’Italia ha già espresso il consenso per le Raiffeisen), torna di attualità la discussione in merito ad un settore molto importante per la nostra economia in chiave civile e circolare, nonché per il credito a famiglie e piccole e medie imprese.

A tal proposito ripropongo una sintesi di un capitolo, pubblicato nel 2017, nel quale trattavo il tema della natura delle Banche di Credito Cooperativo, che sono ora, dopo il lavoro molto intenso degli ultimi due anni, ai nastri di partenza dell’applicazione pratica della Riforma che ha sancito la nascita dei Gruppi Bancari Cooperativi, tra passato, presente e futuro.

Il Governo italiano, che in un primo momento sembrava orientato ad intervenire in modo sostanziale per modificare tempi e termini della Riforma, pare ora intenzionato semplicemente a far slittare i tempi per la partenza dal primo gennaio 2019 a due-tre mesi dopo.

Il cambiamento, ancorché necessario e improcrastinabile, dovrà sempre salvaguardare il principio cardine alla base del sistema del credito cooperativo: la mutualità. Da essa discendono le peculiarità delle BCC quali luoghi di economia civile, nei quali il 95% delle risorse raccolte viene impiegato nello stesso territorio di competenza, ed enzimi di sviluppo locale.
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Il senso della mutualità di fronte alle attuali sfide

La mutualità è per le BCC, infatti, carattere fondante, per definizione. Non esiste BCC senza mutualità e solidarietà, dunque, ed esse dovranno necessariamente estrinsecarsi sia a livello microeconomico (micro-sistema della singola BCC, soci, territori, ecc.) sia a livello macroeconomico (macro-sistema delle BCC e Gruppo Bancario Cooperativo). In tal senso, il modello che la Riforma prevede presenta davvero carattere di unicità e di innovazione, con la Capogruppo partecipata dalle BCC (paradigma al contrario rispetto ad un tipico Gruppo aziendale), configurato dunque sulle caratteristiche di cooperazione “spinta” e mutualità “di sistema”.

Quanto descritto, tuttavia, necessita di una collocazione nel tempo e nello spazio. Partendo dall’ultimo decennio è opportuno accennare agli impatti della crisi finanziaria, dirompenti per l’intero sistema globale, trasferitasi dal sistema finanziario al sistema della c.d. economia reale. Sono stati, infatti, anni molto difficili: la liquidità, laddove presente, è stata “trattenuta” all’interno delle banche, date le esigenze di patrimonializzazione, per far fronte a grandezze di bilancio emerse a seguito del notevole incremento di sofferenze e altri crediti deteriorati (Non Performing Loan, NPL) e di valutazioni delle attività finanziarie secondo l’applicazione dei principi contabili internazionali. Il prestito interbancario ha, dunque, subito un blocco, circostanza che ha generato una crisi di liquidità ed un freno all’attività di concessione del credito. A sua volta, tale situazione ha prodotto un impatto sul peggioramento della crisi già in atto, con ricadute sui risultati bancari e con una sempre maggiore incidenza delle sofferenze. La riduzione del credito, dunque, è stata al tempo stesso effetto e causa delle ricadute della crisi nel sistema dell’economia reale.

Nonostante tutto, possiamo dirlo, le BCC hanno retto meglio di altri gli effetti di questa crisi, anche grazie alle proprie caratteristiche intrinseche (mantenendo la natura “anti-ciclica”), presentando una solidità patrimoniale in molti casi ben al di sopra dei parametri minimi indicati dall’Autorità di Vigilanza.

Il tema delle conseguenze della crisi economico-finanziaria, dunque, è la prima (background) delle otto sfide, tutte interrelate, che, dalla prospettiva di amministratore di BCC, caratterizzano l’azione quotidiana e prospettica delle BCC all’interno del percorso e del processo di Riforma.

La seconda sfida riguarda la redditività e la progressiva riduzione della marginalità dell’attività creditizia. La redditività è la leva che, a livello di sistema, europeo ed italiano, è necessario porre al centro dell’attenzione in via prioritaria. Come sappiamo essa impatta anche sul patrimonio (a inadeguati livelli di patrimonio corrisponderebbero inadeguati livelli di rischio da poter assumere), con effetti anche sulla terza leva di una “banca solida”: la liquidità. Grande attenzione, oggi, per esempio, va rivolta all’indicatore del Cost/Income, con obiettivo di portarlo ad un livello inferiore al 50%. Siamo in epoca di “tassi a zero”, ma è proprio in sfide come questa che l’essenza della BCC (naturalmente sana) vien fuori: si riscontra a tal proposito che le BCC hanno prodotto migliori performance, rispetto ad altri attori del sistema, pur in presenza di una progressiva riduzione della redditività tipica dell’attività di intermediazione e di erogazione del credito. In tal senso, a livello di linee strategiche ed azioni operative, occorre anche ri-orientare le scelte dei clienti nell’impiego del risparmio verso un nuovo mix che preveda l’incremento della fetta di risparmio gestito, tale da garantire la possibilità di incrementare la corrispondente tipologia di raccolta ed i relativi guadagni da commissioni. Appare necessario, tra l’altro, ponendo la massima attenzione alla qualità del credito, incrementare la percentuale di forme tecniche ad alta redditività in relazione al totale dei crediti verso la clientela, realizzando l’obiettivo di ridurre la rigidità di questi ultimi, tipicamente concentrati sulla forma del mutuo (oggi forma a bassa redditività).

La terza sfida attiene all’evoluzione della regolamentazione della supervisione (europea e interna), con tutto ciò che ne consegue in termini di ricadute sui diversi adempimenti. Siamo, infatti, alle porte di “Basilea IV”, mentre vi è già chi parla di “Basilea V”.

La quarta riguarda il cambiamento indotto dal progresso tecnologico. Questo è un tema nel quale probabilmente, oggi, le BCC presentano maggiori punti di debolezza. Questa sfida impone un radicale cambio di passo, persino un cambio del modello di business. La modalità di rivolgere l’offerta e di relazionarsi con le prossime generazioni cambierà in maniera rilevante. Ci saranno filiali con personale meno numeroso ed alcune di esse scompariranno del tutto, lasciando spazio alla tecnologia e al crescente impiego di internet, anche per prodotti e procedure apparentemente complessi. Chiaro, a tal proposito, appare il richiamo a ricerche, ormai di dominio pubblico, sugli effetti dirompenti della “generazione millennial” per i vari settori ed, in particolare, per il settore del credito (in Italia 1/6 della popolazione è millennial e presto, tale segmento, deterrà la maggiore ricchezza disponibile). Ancora una volta, è il caso di dire, o si cambia o si viene travolti.

La quinta sfida, per la verità connessa strettamente alla seconda, riguarda la necessità di conseguire economie di scala, in un sistema oggi polverizzato (ancorché mutualistico), a cominciare dai sistemi informativi per finire alla serie di servizi alla base dell’attività bancaria e di natura collaterale.

La sesta attiene al c.d. fenomeno di selezione avversa che, in molti casi, ha potuto condurre parte del credito di “bassa qualità” verso le piccole banche. La sfida, dunque, dovrà comportare un continuo miglioramento della qualità del credito. E’ necessario, poi, proseguire nella buona gestione del credito deteriorato ed, in particolare, delle sofferenze, fattore che produrrà effetti positivi anche in termini di incremento della redditività.

La settima, invece, può essere ricondotta alla necessità di un management e di Organi di Governance sempre più qualificati, al fine di garantire una sana e prudente gestione della banca. A tal proposito vale la pena evidenziare come il delicato tema delle caratteristiche della Governance abbia assunto, per la Vigilanza, un rilievo sempre maggiore nel tempo e come esso rivesta un’importanza centrale anche per la Riforma, nell’applicazione del rinnovato concetto di autonomia.

L’ottava sfida, infine, accoglie tutto ciò che è connesso con il dovere di preservare l’unicità della BCC e le sue caratteristiche peculiari.

Mutualità ed autonomia dal presente al futuro: una prospettiva reale di economia civile

Nella storia recente, quindi, ci siamo di colpo nuovamente resi conto, pagando però un prezzo a tratti altissimo, che gli elementi alla base dell’economia e determinanti dei risultati di sistema, sono e saranno sempre riconducibili a fattori connessi alla persona e alle persone: comportamenti, emozioni, relazioni, aspettative, bisogni, evoluzione sociale, sono elementi che non possono essere relegati ad altra materia, ma vanno posti al centro del sistema, consapevoli che le BCC potranno continuare ad essere interpreti privilegiati di una concezione di “fare banca” in connessione autentica con la persona e le comunità.

La mutualità di domani, dunque, ha, senza dubbio, radici solide, dalle quali trarre costante ispirazione e che, siamo certi, non possono essere cancellate perché valori fondanti dello spirito cooperativo.

La prima radice è la Carta dei Valori del Credito Cooperativo (Riva del Garda, 1999, con la successiva integrazione di Roma, 2011). La seconda è la Carta della Coesione del Credito Cooperativo (Parma 2005).

In tale prospettiva, quindi, nessuna sfida “di modernità” può spaventare. Redditività, tecnologia e risposta alle future generazioni, evoluzione della normativa di settore e di sistema, proiezione a livello internazionale, ecc.: le BCC saranno capaci, proprio grazie alle loro caratteristiche peculiari, di percorrere il sentiero del cambiamento.

L’autonomia sarà ancora uno dei principi-cardine del Credito Cooperativo e le basi della sua rinnovata concezione erano presenti già nella Carta dei Valori e nella Carta della Coesione, laddove si afferma che essa sarà «vitale e feconda solo se coordinata, collegata e integrata nel sistema del Credito Cooperativo». E, ancora, «l’autonomia della singola BCC-CR deve essere compatibile con la stabilità della stessa e con l’interesse generale».

Ciò significa che autonomia e mutualità sono strettamente connesse e, nel rinnovamento dell’una troveremo il rinnovamento dell’altra. La nuova mutualità, dunque, per essere garantita e preservata a livello di Gruppo, dovrà necessariamente contemplare il coordinamento dei livelli di autonomia periferica che, nell’ambito della direzione e controllo del Gruppo, verrà necessariamente declinata in base alla costruzione di un sistema di parametri che, valutando il grado di rischiosità della singola banca, differenzierà i sottoinsiemi (“cluster”) di BCC in base ad un diverso livello di autonomia.

Al Gruppo Bancario Cooperativo (o ai Gruppi) spetterà, dunque, l’onere di garantire una solidità di gruppo e una risposta concreta alle sfide precedentemente descritte. Agli amministratori, d’altro canto, spetta senz’altro il complesso, ma allo stesso tempo sfidante e stimolante, compito di interpretare il presente e gli anni a venire dalla prospettiva di un cambio di paradigma, un vero e proprio cambio d’epoca, verso il quale muoversi con entusiasmo, competenza e decisione, oltre che con uno spiccato senso di responsabilità nei confronti dei soci, dei clienti, dei territori.

In definitiva, se è vero che il ruolo della Banca è cambiato, passando da operatore collocato al centro tra raccolta e impiego ad attore del più ampio sistema economico-sociale che “accompagna” gli altri attori (famiglie, imprese, ecc.) nella realizzazione delle proprie finalità, oltre che come soggetto in grado di gestire i rischi, allora il “sistema BCC” sarà ancora una volta interprete privilegiato di tale concezione. Tutte le componenti (soci, governance e struttura), senza alcun dubbio, dovranno assumere l’impegno, potremmo dire “farsi carco della delicata missione”, di preservarne ed esaltarne, anche in futuro, l’unicità e l’autonomia, non fuggendo, pertanto, dalla responsabilità di condurre le nostre BCC su percorsi virtuosi.

Se è vero, infine, che le BCC sono interpreti e attori privilegiati di un sistema di economia civile, poiché non può essere altrimenti definito, quanto descritto in precedenza, a partire dagli elementi valoriali fino alla declinazione dei principi cooperativi per la singola comunità-banca e per il Gruppo, se non come “economia civile applicata”, che trova nella persona, nella comunità, nella sussidiarietà, nella mutualità e cooperazione, i suoi caratteri fondamentali, che è esercizio di bene comune, di lavoro volto all’accrescimento del benessere delle comunità e dei propri soci, l’”altra via” dell’economia di mercato (nettamente differente dalla “via” oggi dominante), costruita sul pilastro della reciprocità, per il singolo operatore economico e a livello di sistema, allora è certamente possibile accogliere questa sfida della Riforma e della costruzione del Gruppo come opportunità, figlia di un momento storico di cambiamento, nella volontà di rafforzare il ruolo e l’azione delle Banche di Credito Cooperativo quali banche “di comunità” e “di prossimità”, rinnovando l’importanza della centralità della persona, fine ultimo delle scelte strategiche e delle attività di ogni Istituto.

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Tratto da: POTI’ C., Mutualità nelle BCC e nel Gruppo Bancario Cooperativo dal presente al futuro: una prospettiva reale di economia civile, in Cardarelli M.C. (a cura di), “Nuove opportunità e sfide per le banche di credito cooperativo: la riforma del 2016”, Giappichelli, Torino 2017.

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